VII Giornata Mondiale dei Poveri

Il messaggio del Vescovo Carlo

Carissimi fratelli e sorelle,
alle vecchie povertà se ne stanno aggiungendo sempre di nuove proprio mentre stanno aumentando le proposte e i programmi per combatterle. Sulle cause della povertà si sta indagando e scrivendo di tutto e di più. Crediamo, come scriveva san Giovanni Paolo II, che «il sistema economico non possiede al suo interno criteri che consentano di distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalità. È, perciò, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l’educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche Autorità» (Centesimus annus, n. 36).

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Prima ancora, però, dobbiamo educare al rispetto dell’uomo, di ogni uomo. Mai come oggi è evidente che ogni forma di povertà trova la sua ragione, la sua causa nel mancato rispetto della trascendente dignità della persona umana. Quando è disprezzata o almeno non considerata l’integralità della vocazione dell’uomo, non rispettando le esigenze di una vera «ecologia umana» si scatenano le dinamiche perverse della povertà. Dunque cambiare mentalità, non credere che soccorrere i poveri sia da persone buone, ma piuttosto persone che sanno bene che i primi a essere soccorsi, quando combattiamo le diverse situazioni di povertà, siamo noi stessi. Spesso abbandoniamo i poveri a coloro che ne fanno commercio, la più atroce forma di sfruttamento, mentre siamo chiamati, come cristiani, ad «abbandonare la mentalità che considera i poveri – persone e popoli – come un fardello e come fastidiosi importuni, che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto.

I poveri chiedono il diritto di partecipare al godimento dei beni materiali e di mettere a frutto la loro capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero» (Centesimus annus, n. 28).

Non possiamo fermarci ad affrontare il problema della povertà di molti con una politica assistenzialista che non di rado nasconde la volontà di superare il problema senza essere troppo disturbati e a basso prezzo. È necessario investire nella formazione delle persone e sviluppare in modo integrato una specifica cultura dell’iniziativa sembra attualmente il vero progetto a medio e lungo termine. Va sgomberato il campo dall’illusione che una politica di pura ridistribuzione della ricchezza esistente possa risolvere il problema in maniera definitiva. (Cfr. BENEDETTO XVI, Messaggio Giornata per la Pace 2009)
Soccorrere ogni povertà, ma specialmente quelle più vicine a noi, cominciando dalla propria famiglia, dal vicino di casa, da quanti condividono con noi un cammino e per una ragione o un’altra ci sono compagni di viaggio. Non possiamo credere che la povertà sia un contesto a se stante, ma piuttosto una realtà che si intreccia e si confonde e pervade il tessuto sociale.
Richiede da noi attenzione e discernimento. Dobbiamo spesso personalizzare il nostro aiuto. Povertà non è soltanto qualcosa che può essere catalogato, letto con un semplice dossier e soccorso con un qualche intervento.
Ha scritto nel suo Messaggio per la giornata mondiale dei poveri di quest’anno papa Francesco: «È facile, parlando dei poveri, cadere nella retorica. È una tentazione insidiosa anche quella di fermarsi alle statistiche e ai numeri. I poveri sono persone, hanno volti, storie, cuori e anime. Sono fratelli e sorelle con i loro pregi e difetti, come tutti, ed è importante entrare in una relazione personale con ognuno di loro» (8).

+ Carlo, vescovo

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