Giubileo 2025

«La tradizione vuole che ogni Giubileo venga proclamato tramite la pubblicazione di una Bolla Papale (o Bolla Pontificia) d’Indizione. Per “Bolla” si intende un documento ufficiale, generalmente scritto in latino, con il sigillo del Papa, la forma del quale dà nome al documento stesso.
In attesa, dunque, di conoscere i termini e le date precise con le quali si dipanerà il prossimo Giubileo Ordinario del 2025, possiamo però già avere una programmazione generale di quelli che saranno i maggiori eventi che si svolgeranno a partire dal 24 dicembre 2024 con l’apertura della Porta Santa in San Pietro cui seguiranno le aperture delle altre quattro nelle Basiliche Papali.

Il primo appuntamento sarà quello del Giubileo del Mondo della Comunicazione dal 24 al 26 gennaio 2025 mentre l’ultimo sarà il Giubileo dei Detenuti il 14 dicembre 2025. Tutto l’anno sarà poi scandito da più di trenta maggiori eventi, dal Giubileo degli artisti a quello degli ammalati, dal Giubileo dei lavoratori a quello dei bambini, e poi dei giovani, delle famiglie e degli anziani, dei sacerdoti e degli operatori di giustizia e così via. Il calendario generale è disponibile on line al sito ufficiale del giubileo (https://www.iubilaeum2025.va/it).

Ma cosa è il Giubileo?

«“Giubileo” è il nome di un anno particolare: sembra derivare dallo strumento utilizzato per indicarne l’inizio; si tratta dello yobel, il corno di montone, il cui suono annuncia il Giorno dell’Espiazione (Yom Kippur).

Questa festa ricorre ogni anno, ma assume un significato particolare quando coincide con l’inizio dell’anno giubilare. Ne ritroviamo una prima idea nella Bibbia: doveva essere convocato ogni 50 anni, poiché era l’anno ‘in più’, da vivere ogni sette settimane di anni (cfr. Lev 25,8-13). Anche se difficile da realizzare, era proposto come l’occasione nella quale ristabilire il corretto rapporto nei confronti di Dio, tra le persone e con la creazione, e comportava la remissione dei debiti, la restituzione dei terreni alienati e il riposo della terra. Citando il profeta Isaia, il vangelo secondo Luca descrive in questo modo anche la missione di Gesù: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19; cfr. Is 61,1-2). Queste parole di Gesù sono diventate anche azioni di liberazione e di conversione nella quotidianità dei suoi incontri e delle sue relazioni.

Bonifacio VIII nel 1300 ha indetto il primo Giubileo, chiamato anche “Anno Santo”, perché è un tempo nel quale si sperimenta che la santità di Dio ci trasforma. La cadenza è cambiata nel tempo: all’inizio era ogni 100 anni; viene ridotta a 50 anni nel 1343 da Clemente VI e a 25 nel 1470 da Paolo II. Vi sono anche momenti ‘straordinari’: per esempio, nel 1933 Pio XI ha voluto ricordare l’anniversario della Redenzione e nel 2015 papa Francesco ha indetto l’Anno della Misericordia. Diverso è stato anche il modo di celebrare tale anno: all’origine coincideva con la visita alle Basiliche romane di S. Pietro e di S. Paolo, quindi con il pellegrinaggio, successivamente si sono aggiunti altri segni, come quello della Porta Santa. Partecipando all’Anno Santo si vive l’indulgenza plenaria».

Tornando poi al significato particolare di questo prossimo Giubileo, è necessario soffermarsi su due parole: “speranza” e “indulgenza”.

La prima è presente proprio nel titolo che il Santo Padre Francesco ha voluto dedicare a questo appuntamento mondiale, Peregrinantes in Spem (Pellegrini di Speranza). La Speranza, insieme alla Fede e alla Carità, è una delle tre virtù teologali, forse un po’ troppo dimenticata ai giorni nostri e per questo papa Francesco ha voluto rimetterla al centro, al posto che si merita. Come scriveva il grande scrittore francese Charles Peguy, la speranza è una «bambina irriducibile» molto più importante delle sorelle più anziane (fede e  carità) che «va ancora a scuola/e che cammina/ persa nelle gonne delle sue sorelle». Ma è più importante delle sue sorelle perché «E’ lei, quella piccina, che trascina tutto/perché la fede non vede che quello che è/e lei vede quello che sarà/la Carità non ama che quello che è/ e lei ama quello che sarà/Dio ci ha fatto speranza». Davvero possiamo essere grati al Papa per questa intuizione profetica che accompagnerà il cammino verso il Giubileo del 2025. L’altra parola è “indulgenza”. «L’indulgenza è manifestazione concreta della misericordia di Dio, che supera i confini della giustizia umana e li trasforma. Questo tesoro di grazia si è fatto storia in Gesù e nei santi: guardando a questi esempi, e vivendo in comunione con loro, si rafforza e diviene certezza la speranza del perdono e per il proprio cammino di santità. L’indulgenza permette di liberare il proprio cuore dal peso peccato, perché la riparazione dovuta sia data in piena libertà. Concretamente, questa esperienza di misericordia passa attraverso alcune azioni spirituali che vengono indicate dal Papa. Chi, per malattia o altro, non può farsi pellegrino è comunque invitato a prendere parte al movimento spirituale che accompagna quest’Anno, offrendo la propria sofferenza e la propria vita quotidiana e partecipando alla celebrazione eucaristica».

Lavori di preparazione a Roma

Le azioni spirituali, per poter ottenere l’indulgenza plenaria, si concretizzano nei seguenti momenti. Il primo è sicuramente il Pellegrinaggio. «Il giubileo chiede di mettersi in cammino e di superare alcuni confini. Quando ci muoviamo, infatti, non cambiamo solamente un luogo, ma trasformiamo noi stessi. Per questo, è importante prepararsi, pianificare il tragitto e conoscere la meta. In questo senso il pellegrinaggio che caratterizza questo anno inizia prima del viaggio stesso: il suo punto di partenza è la decisione di farlo. L’etimologia della parola ‘pellegrinaggio’ è decisamente eloquente e ha subìto pochi slittamenti di significato. La parola, infatti, deriva dal latino per ager che significa “attraverso i campi”, oppure per eger, che significa “passaggio di frontiera”: entrambe le radici rammentano l’aspetto distintivo dell’intraprendere un viaggio […] Il percorso, in realtà, si costruisce progressivamente: vi sono vari itinerari da scegliere, luoghi da scoprire; le situazioni, le catechesi, i riti e le liturgie, i compagni di viaggio permettono di arricchirsi di contenuti e prospettive nuovi. Anche la contemplazione del creato fa parte di tutto questo ed è un aiuto ad imparare che averne cura “è espressione essenziale della fede in Dio e dell’obbedienza alla sua volontà” (Francesco, Lettera per il Giubileo 2025). Il pellegrinaggio è un’esperienza di conversione, di cambiamento della propria esistenza per orientarla verso la santità di Dio. Con essa, si fa propria anche l’esperienza di quella parte di umanità che, per vari motivi, è costretta a mettersi in viaggio per cercare un mondo migliore per sé e per la propria famiglia». Il secondo momento è quello di varcare la Porta Santa. «La sua apertura da parte del Papa costituisce l’inizio ufficiale dell’Anno Santo. Originariamente, vi era un’unica porta, presso la Basilica di S. Giovanni in Laterano, che è la cattedrale del vescovo di Roma. Per permettere ai numerosi pellegrini di compiere il gesto, anche le altre Basiliche romane hanno offerto questa possibilità. Nel passare questa soglia, il pellegrino si ricorda del testo del capitolo 10 del vangelo secondo Giovanni: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo”. Il gesto esprime la decisione di seguire e di lasciarsi guidare da Gesù, che è il Buon Pastore». Il terzo momento è il Sacramento della Riconciliazione. «Il giubileo è un segno di riconciliazione, perché apre un «tempo favorevole» (cfr. 2Cor 6,2) per la propria conversione. Si mette Dio al centro della propria esistenza, muovendosi verso di Lui e riconoscendone il primato […] Concretamente, si tratta di vivere il sacramento della riconciliazione, di approfittare di questo tempo per riscoprire il valore della confessione e ricevere personalmente la parola del perdono di Dio». Abbiamo poi il momento della Preghiera. «Vi sono molti modi e molte ragioni per pregare; alla base vi è sempre il desiderio di aprirsi alla presenza di Dio e alla sua offerta di amore. La comunità cristiana si sente chiamata e sa che può rivolgersi al Padre solo perché ha ricevuto lo Spirito del Figlio. Ed è, infatti, Gesù ad aver affidato ai suoi discepoli la preghiera del Padre Nostro, commentato anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr. CCC 2759-2865). La tradizione cristiana offre altri testi, come l’Ave Maria, che aiutano a trovare le parole per rivolgersi a Dio: «È attraverso una trasmissione vivente, la Tradizione, che, nella Chiesa, lo Spirito Santo insegna ai figli di Dio a pregare» (CCC 2661).

I momenti di orazione compiuti durante il viaggio mostrano che il pellegrino ha le vie di Dio “nel suo cuore” (Sal 83,6).

Anche a questo tipo di ristoro servono le soste e le varie tappe, spesso fissate attorno ad edicole, santuari, o altri luoghi particolarmente ricchi dal punto di vista del significato spirituale, dove ci si accorge che – prima e accanto – altri pellegrini sono passati e che cammini di santità hanno percorso quelle stesse strade. Le vie che portano a Roma, infatti, spesso coincidono con il cammino di molti santi». 
Fondamentale poi è la Liturgia. «La liturgia è la preghiera pubblica della Chiesa: secondo il concilio Vaticano II, è il «culmine verso cui tende» ogni sua azione «e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia» (Sacrosanctum Concilium, 10). Al centro vi è la celebrazione eucaristica, dove si riceve il Corpo e il Sangue di Cristo: come pellegrino, egli stesso cammina accanto ai discepoli e svela loro i segreti del Padre, così che possono dire: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto” (Lc 24,29)».
Il sesto e ultimo momento è quello della recita della Professione di Fede. «La professione di fede, chiamata anche “simbolo”, è un segno di riconoscimento proprio dei battezzati; vi si esprime il contenuto centrale della fede e si raccolgono sinteticamente le principali verità che un credente accetta e testimonia nel giorno del proprio battesimo e condivide con tutta la comunità cristiana per il resto della sua vita.
Esistono varie professioni di fede, che mostrano la ricchezza dell’esperienza dell’incontro con Gesù Cristo. Tradizionalmente, però, quelle che hanno acquisito un particolare riconoscimento sono due: il credo battesimale della chiesa di Roma e il credo niceno-costantinopolitano, elaborato originariamente nel 325 dal concilio di Nicea, nell’attuale Turchia, e poi perfezionato in quello di Costantinopoli nel 381. […] Recitare con fede il Credo significa entrare in comunione con Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ed anche con tutta la Chiesa che ci trasmette la fede e nel seno della quale noi crediamo (cfr. CCC 197)». Con queste indicazioni e piccole tracce auguriamo a tutti un buon cammino verso il Giubileo che si sta avvicinando.

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