Perché una scuola di formazione?

Il messaggio del nostro Vescovo Carlo

Di seguito il testo integrale dell’articolo del nostro Vescovo Carlo, pubblicato sull’edizione de LATRACCIA di Domenica 29 gennaio 2023 riguardo l’importanza e l’opportunità di una scuola di formazione diocesana all’impegno sociale e politico.
Ricordiamo che la scuola avrà avvio Sabato 28 gennaio con il primo incontro fissato alle ore 10.15 presso la Curia Vescovile di Piombino

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La nuova stagione della Dottrina sociale della Chiesa
non sarà né quella dei professori né quella dei «manovali del sociale»,
ma quella dei grandi mediatori fra parola di Dio e storia dell’uomo.
(Giorgio CAMPANINI)

Fra i compiti e le responsabilità di un vescovo, come «maestro nella fede», in sintonia con tutta la Chiesa e in comunione con il magistero pontificio e con l’insegnamento di tutti gli altri vescovi, vi è anche quello di educare e formare il popolo di Dio che il Signore gli ha affidato alle problematiche sociali.

I padri conciliari, riguardo ai vescovi, precisarono, in modo esplicito, al n. 12 della Christus Dominus, i momenti in cui si definisce e si realizza il loro magistero in materia sociale: «Mostrino [i vescovi] inoltre che, nei disegni di Dio, le stesse cose terrene e le umane istituzioni sono ordinate alla salvezza degli uomini e possono di conseguenza non poco contribuire all’edificazione del Corpo di Cristo.

Insegnino pertanto quanto grande è, secondo la Dottrina della Chiesa, il valore della persona umana, della sua libertà e della stessa vita fisica; il valore della famiglia, della sua unità e stabilità, della procreazione ed educazione della prole; il valore della società civile, con le sue leggi e con le varie professioni in essa esistenti; il valore del lavoro e del riposo, delle arti e della tecnica; il valore della povertà e dell’abbondanza dei beni materiali. E da ultimo espongano come debbano essere risolti i gravissimi problemi sollevati dal possesso dei beni materiali, dal loro sviluppo e dalla loro giusta distribuzione, dalla pace e dalla guerra, e dalla fraterna convivenza di tutti i popoli» (Concilio Ecumenico Vaticano II, Christus Dominus, Decreto sull’ufficio pastorale dei vescovi nella Chiesa, n. 12: EV 1/596-598).

Il vescovo allora deve occuparsi di educare i fedeli introducendoli alla conoscenza dei documenti magisteriali in campo sociale, offrendo loro sussidi e linee di riflessione per una sempre maggiore consapevolezza dell’importanza, specialmente ai nostri giorni, di una chiara visione dell’uomo e del mondo alla luce della Dottrina sociale della Chiesa. (Cfr. C. CIATTINI, Missione della Chiesa e Dottrina sociale, EDB 2012, pp, 11-12). 

«Il fatto sociale e il Vangelo», infatti, «sono semplicemente inscindibili tra loro. Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco. Allora sopravvengono ben presto i meccanismi della violenza, e la capacità di distruggere e di uccidere diventa prevalente, diventa la capacità per raggiungere il potere – un potere che una volta o l’altra dovrebbe portare il diritto, ma che non ne sarà mai capace. In questo modo ci si allontana sempre di più dalla riconciliazione, dall’impegno comune per la giustizia e l’amore. I criteri, secondo i quali la tecnica entra a servizio del diritto e dell’amore, allora si smarriscono; ma è proprio da questi criteri, che tutto dipende: criteri che non sono soltanto teorie, ma che illuminano il cuore portando così la ragione e l’agire sulla retta via» (BENEDETTO XVI, Omelia, Monaco 10 IX 2006).

Cittadini del mondo i cristiani, specialmente i fedeli laici, sono chiamati a professare la propria religione e a operare perché le verità della fede informino di sé anche la vita pubblica. La Dottrina sociale della Chiesa è nata per rivendicare questo «statuto di cittadinanza».

Se Dio non trova posto nella sfera pubblica, con specifico riferimento alle dimensioni culturale, sociale, economica e, in particolare, politica, la vita pubblica si impoverisce di motivazioni e la politica assume un volto opprimente e aggressivo. I diritti rischiano di non essere rispettati o perché vengono privati del loro fondamento trascendente o perché non viene riconosciuta la libertà personale. Lo sappiamo bene, e i nostri giorni sono testimoni oculari di come nel laicismo e nel fondamentalismo si perde la possibilità di un dialogo fecondo e di una proficua collaborazione tra la religione e la fede religiosa. La ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede, e questo vale anche per la ragione politica, che non deve credersi onnipotente. A sua volta, la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione per mostrare il suo autentico volto umano. (Cfr. C. CIATTINI, Missione della Chiesa e Dottrina sociale, EDB 2012, p. 65)

La rottura di questo dialogo comporta un costo molto gravoso per lo sviluppo dell’umanità. (Cfr. Caritas in veritate, n. 56)

Come è necessario allora chiedere a Dio, come suggerisce il Santo Padre, «che cresca il numero di politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo!» (FRANCESCO, Evangelii gaudium n. 205). 

Ma come potrà essere la presenza dei cristiani in rapporto al sociale e alla politica? A cosa mirare prima di ogni altra cosa? Sicuramente alla formazione di uomini che entrino come il lievito e il sale nella pasta della società e le diano sapore, la facciano lievitare con gli insegnamenti del Vangelo e soprattutto con la santità della vita.

In altre parole «porre in se stessi le basi della buona, della vera, della grande politica, quella che è diretta al bene sommo e al bene comune, quello della polis, della civitas, a quel pubblico bene, che è la suprema lex a cui devono esser rivolte le attività sociali. E così facendo essi comprenderanno e compiranno uno dei più grandi doveri cristiani, giacché quanto più vasto e importante è il campo nel quale si può lavorare, tanto più doveroso è il lavoro. E tale è il campo della politica, che riguarda gli interessi di tutta la società, e che sotto questo riguardo è il campo della più vasta carità, della carità politica, a cui si potrebbe dire null’altro, all’infuori della religione, essere superiore» (PIO XI, Messaggio, 28.XII,1927 in D. BERTETTO (Ed.), Discorsi di Pio XI, vol. I (1922-1928), Torino, SEI, 1960).

Veramente la politica, tanto denigrata, che sembra perdere di giorno in giorno ogni considerazione e stima deve essere recuperata e collocata al suo giusto posto. Chi può negare che la politica è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune. Ai politici deve stare a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri! Come è necessario allora che partiamo da un’apertura alla trascendenza affinché si possa formare una nuova mentalità politica ed economica che possa aiutare a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune. (Cfr. FRANCESCO, Evangelii gaudium n. 205)

Il professor Giorgio CAMPANINI, con quella lucidità e lungimiranza per nulla offuscata dalla non più verde età, ha scritto: «Un aspetto particolarmente importante della Dottrina sociale e sul quale non è fuori luogo richiamare[…]l’attenzione è quello che riguarda la necessaria rilegittimazione della politica in un contesto post-ideologico che sta esprimendo, anche fra i credenti, vistosi atteggiamenti di fuga dalla politica. Il fatto che la Chiesa “stimi degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che per servire gli uomini si dedichino al bene della cosa pubblica”, e dunque della politica (Gaudium et spes, n. 75) e che la politica sia “una maniera esigente […] di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri” (Octogesima adveniens, n. 46), rappresenta di per sé un antidoto rispetto alla delegittimazione, quando non addirittura alla demonizzazione, della politica largamente presente nel corpo sociale e non assente tra gli stessi cattolici» (La Dottrina sociale della Chiesa le acquisizioni e le nuove sfide, EDB 2006, pp. 118-119).

Ecco il perché del desiderio di riprendere, dopo l’intervallo dovuto alla pandemia, la nostra esperienza della Scuola diocesana di formazione all’impegno sociale e politico.  

Cosa dovrebbe essere questa scuola?

Non certamente una (velleitaria) iniziativa di preparazione all’esercizio della politica in senso stretto o una sorta di «lasciapassare» legittimante un impegno caratterizzato dall’acquisita conoscenza della  scienza e degli strumenti di questa «professione». La nostra volontà è di offrire, almeno sul piano generale, un cammino di formazione a un’etica del comportamento sociale, a un’etica pubblica, per il cristiano direttamente ancorata alla percezione di una dimensione, oltre che ecclesiale, anche sociale e politica della carità. Tutto ciò in un contesto che reclama un’idea di politica come ricerca inesausta tesa a individuare e dare voce, attraverso un corretto processo di discernimento, alle attese e alle domande della gente, anche grazie a un impegno personale che produca, infine, azioni e decisioni in grado di modificare comportamenti e istituzioni diffusamente avvertiti come desueti e inefficaci se non dannosi. Un obiettivo alto, dunque, la realizzazione del quale, oltre che soggiacere alle incertezze proprie di ogni sfida, è affidata a dei tempi medio-lunghi, che non legittimano illusioni di facili e ravvicinati successi. Un obiettivo che si potrebbe accompagnare con la convinzione che “la via lunga è la via breve”, recuperando in ciò la consapevolezza che “i tempi della Chiesa non sono i tempi della politica”. Scuola, insomma, che ha da collocarsi al di qua e non nella politica. (Cfr. L. DUILIO, Le scuole di formazione all’impegno sociale e politico, in aggiornamenti sociali  9-10/1991, pp. 602-603)

Allora, «raccogliersi insieme per l’ascolto della parola di Dio e per la ricerca di un’adeguata mediazione fra Parola e storia non implica né una fuga dai problemi reali né un irenistico accantonamento di divergenze che la politica contingente inevitabilmente conosce, ma è un prendere coscienza del primato dello spirituale, nella consapevolezza che, per chi cerca sinceramente e lealmente il Regno, tutto il resto verrà» (G. CAMPANINI, La Dottrina sociale della Chiesa le acquisizioni e le nuove sfide, EDB 2007, p.119).

Per quanto ci è possibile cercheremo di affrontare soprattutto quei temi come la qualità della democrazia, il lavoro, la globalizzazione, la questione ecologica e la pace che sono continuamente offerti alla nostra riflessione dalla vita di ogni giorno e dai diversi interventi del magistero.

A tutti il nostro augurio di un proficuo lavoro.
+ Carlo Vescovo