Giornata Mondiale della Pace

Il messaggio del nostro Vescovo Carlo

Carissimi tutti,
credo doveroso, alla fine di un anno e di questo anno particolarmente gravido di preoccupazioni, timori e incertezze per ciò che sta accadendo nel mondo, ripensare al nostro essere cristiani, alla nostra vita, alla nostra testimonianza e missione a cui siamo chiamati.
La preghiera sulle offerte di questa solennità di Maria SS. Madre di Dio recita: «O Dio, che nella tua provvidenza dai inizio e compimento a tutto il bene che è nel mondo, fa’ che in questa celebrazione della divina Maternità di Maria gustiamo le primizie del tuo amore misericordioso per goderne felicemente i frutti».

L’Eucaristia è veramente fonte e culmine del mistero cristiano, sorgente di grazia che ci rende capaci di gustare la vita, di vivere in pienezza il tempo, di sperimentare l’amore misericordioso, soprattutto la fecondità di questo amore, così che possiamo offrire frutti di pace, di gioia grande, di felicità e carità vera ad ogni uomo.

È nell’esperienza dell’incontro col Signore che l’uomo esce da un sapere che lo lascia non di rado insoddisfatto e avvilito per entrare nella vivacità dell’esistenza, di quella esperienza di vita, vita vissuta, che gli permette di discernere tra le cose che contano e quelle effimere che illudono.

Padre Giovanni Cucci ci dice che «Ignazio di Loyola pone all’inizio degli Esercizi Spirituali un’annotazione decisiva per riconoscere ciò che conta: “Non è il sapere molto che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e il gustare le cose internamente” (2)» (G. CUCCI, Relazioni, ed. Ancora 2023, p. 100).

La messa del 1 gennaio è stata celebrata nella concattedrale di sant’Antimo in Piombino

Sembra proprio che in questo nostro tempo non si sentano e non si gustino più le cose, nonostante il molto sapere. Ci pare di vedere un uomo non più capace di trasmettere qualcosa, di fare storia, ma solo di consumare i giorni senza che rimanga memoria. Abbiamo bisogno dell’Eucaristia, memoriale del sacrifico di Cristo, speranza della vita eterna che guarisca la nostra smemoratezza e ci ricordi che tutti apparteniamo a una storia, e a quale storia, la storia della salvezza. Un’appartenenza che reclama da ciascuno di noi di diventarne partecipe, perché solo allora gusteremo, già e non ancora, la nostra liberazione, redenzione e salvezza.
 Ci deve essere partecipazione attiva, si dice delle celebrazioni liturgiche, a maggior ragione della storia a cui apparteniamo, nel nostro caso la storia del cristianesimo. 
«Se abbiamo l’impressione che la storia del cristianesimo non ci interessi, è perché abbiamo perso ogni solidarietà con essa. È diventata una narrazione esterna che non ci riguarda più in verità, e alla fine la nostra fede è in pericolo. Un ritorno concreto alla fede richiederà di ristabilire una solidarietà attiva con la sua storia, sia per accogliere la storia del passato che per impegnarci in quella di oggi e di domani.

Appartenere a una storia significa anche avere la pretesa e la preoccupazione di trasmetterla.

La storia di Gesù e dei suoi discepoli costituisce il nucleo fondativo della storia della chiesa. È il cuore della catechesi e della trasmissione della fede. È la storia che riviviamo ogni anno riprendendo il ciclo liturgico che ci porta dalla nascita di Gesù alla sua vita pubblica, poi alla sua morte e risurrezione» (B. Sesboüé, Di racconto in racconto: la storia della Chiesa, Magnano 2023, pp. 9-10).

Carissimi tutti, la storia del cristianesimo è la storia di un incontro con Cristo, come comunità o come singoli, ma sempre facenti parte di una comunità, la Chiesa, che custodisce la memoria viva di Lui, il suo insegnamento e soprattutto si nutre del suo corpo e del suo sangue.

Nella Chiesa l’uomo cerca una risposta alle tante domande, anzi, è educato a prendere coscienza del suo essere al mondo e perciò a domandarsi e a cercare una risposta: «Cos’è l’uomo? Qual è il significato del dolore, del male e della morte, che continuano a sussistere malgrado il progresso? Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo? Che apporta l’uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?» (Lumen gentium, 10). Tante domande rimangono aperte, non hanno una risposta definitiva, ma piuttosto rimandano a Cristo, al suo essere in mezzo a noi e per noi, al non lasciarci soli, a farsi amico degli uomini.

«La Chiesa», infatti, «crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (ibidem).

Come si fa urgente che l’uomo recuperi la sua responsabilità verso se stesso e verso gli altri, così da riqualificare il suo impegno nella società e, per noi cristiani, nella Chiesa.

Abbiamo una sola possibilità di rinascere: restituire vitalità alle nostre radici, rompere i sedimenti, liberare il lievito del nostro essere cristiani impegnati per il miglioramento della città degli uomini attraversata da mille inquietudini ed insicura del suo futuro. (Cfr. M. E. MARTINI, Anche in politica cristiani esigenti, Lucca 2022, p. 63).

È urgente questa rinascita! A me sembra di avvertire che la libertà è terribilmente minacciata. Sintomo di questa minaccia, come avvenuto in altre epoche, è l’avvilimento della creatività della persona nella sua originalità e unicità. È un ammucchiare, o lasciare che si ammucchino sempre più uomini e donne, specialmente giovani, in chiassose e anonime brigate, dalla vita breve, dal percorso inesistente e perciò senza meta, mossi da una sorta di forza d’inerzia che non dà loro vigore, ma piuttosto li indebolisce, li spersonalizza, li fa preda di qualche sedicente salvatore che si sta delineando all’orizzonte.
È dei totalitarismi eliminare non solo ogni opera d’arte, ma anche quelle personalità artistiche, quanti ancora sanno tenere una penna o un pennello in mano, che li avversino facendo assaporare e gustare l’amore per la libertà, almeno che non si rendano servi del regime e lo celebrino su ordinazione. (Cfr. L. TROTSKY, La vita è bella, Milano 2018, p. 36)
Avendo raccolto questa affermazione da uno scritto di L. Trotsky ci è sembrata di un’eloquenza unica per riflettere sul rischio che il nostro tempo sta correndo se non torna ad investire sulla crescita umana e cristiana della persona. Se non riusciamo a dire e a testimoniare ai nostri giovani che la vita è bella e augurarsi che possano liberarla da ogni male, oppressione e violenza, e goderla in tutto il suo splendore. (Ibidem)

Carissimi tutti, fuggiamo la tentazione antica che dal primo giorno della creazione attraversa l’uomo facendolo credere di essere tutto a se stesso e in se stesso.

Non sono forse qui le cause delle liti, delle guerre, delle gelosie e dell’inimicizie tra gli uomini che disumanizzano e distruggono i nostri giorni sulla terra?
L’uomo non può diventare Dio con le proprie forze. Se l’uomo vuole essere se stesso fino in fondo, non darà più spazio alla presenza di Dio, ma sarà terribilmente tentato dall’ateismo [“Sarete come dei!”: Gen 3,5]. (Cfr. B. Sesboüé, Di racconto in racconto: la storia della Chiesa, Magnano 2023, p. 20)
Cristo soltanto dà senso alla totalità dell’avventura umana. Diversamente dovremo arrenderci alla speranza della vita e lasciarci raggiungere dall’ ombra della morte. Soprattutto disperare perché i nostri gesti, le nostre scelte d’amore non raccolte, non accolte, sarebbero inutilmente disperse. Solo nel Cristo risorto nulla va perduto, ma i nostri gesti d’amore non accolti sono seminati nella storia che sempre rifiorisce per donarci il dono della vera libertà, della vera carità, della vera uguaglianza e della giustizia su cui solo si può fondare la vera pace.
Oggi la divina maternità di Maria ci racconta di una storia di fede, di umile accoglienza della Parola di Dio e delle cose grandi operate in lei.
«I libri del Vecchio e Nuovo Testamento e la veneranda tradizione mostrano in modo sempre più chiaro la funzione della madre del Salvatore nella economia della salvezza e la propongono per così dire alla nostra contemplazione. […] Essa primeggia tra quegli umili e quei poveri del Signore che con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza. E infine con lei, si compiono i tempi […] quando il Figlio di Dio assunse da lei la natura umana per liberare l’uomo dal peccato coi misteri della sua carne» (Lumen gentium, 55).
Carissimi, «all’inizio di quest’anno, abbiamo bisogno di speranza come la terra della pioggia […] Preghiamo la Madre in modo speciale per i figli che soffrono e non hanno più la forza di pregare[…]Per quanti non hanno pace acclamiamo Maria, la donna che ha portato al mondo il Principe della pace. […] Attraverso le mani di una Madre, la pace di Dio vuole entrare nelle nostre case, nei nostri cuori, nel nostro mondo» (FRANCESCO, Omelia, Basilica di San Pietro, 1.I.2023).

A tutti il mio augurio di un anno felice e santo nella benedizione del Signore.
+ Carlo