Immacolata Concezione

Omelia del nostro Vescovo Carlo

Carissimi fratelli e sorelle,
un augurio di pace e gioia grande in questa solennità dell’Immacolata Concezione, occasione per sradicarci, allontanarci da quello stato d’animo, da quel sentire opaco e pesante che segna il nostro tempo. Nei nostri giorni, infatti, l’uomo sperimenta una sorta di altalena: ora accusato, ora accusatore; ora spregiudicato nelle scelte e nei giudizi; ora mesto e depresso, oltremodo mortificato e colpevolizzato.

E così raccoglie il frutto amaro di quella autosufficienza, dell’illusione di essere artefice del suo destino, dunque dello stare in balia di se stesso.

E questo lo precipita dal sobbalzo arrogante dell’illusione antica: «Si apriranno i vostri occhi e diventerete come Dio, conoscitori del bene e del male» (Genesi 3,5), alla realtà di un quotidiano avvilito e mortificato: «Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi» (Genesi 3,7).
La storia dell’uomo scorre in un altalenarsi di illusione e realtà, negli infiniti tentativi di coprirsi, nel vivere le diverse e opposte sensazioni che lo vedono nascondersi agli occhi di Dio e poi correre a cercarlo perché il suo sguardo lo vesta, lo illumini e lo guarisca.
Oggi l’antifona di ingresso ci fa entrare in uno stato d’animo di gioia, di gratuità, di liberazione, mentre proclama il lieto annunzio: «Esulto e gioisco nel Signore, l’anima mia si allieta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come una sposa adornata di gioielli» (Is 61,10)
E questo annunzio lo cogliamo sulle labbra di Maria e sulle labbra della Chiesa. Sì, anche della Chiesa. Come scrive Henri de Lubac in una delle sue preziose opere, Meditazione sulla Chiesa, «la sua dottrina è sempre pura, ed è sempre viva la fonte dei suoi sacramenti».

Ora noi siamo i destinatari di tanto dono, del motivo di tanta gioia che ci è offerta senza nulla chiedere, ma che gratuitamente ci è data.

Allontaniamoci allora senza indugio da ogni paura e da qualsiasi senso di colpa che segna la vita di ciascuno di noi, anche se spesso lo nascondiamo, e così nella libertà di colui che sa di essere amato, incamminiamoci verso il Signore per farci dire come trafficare i suoi doni, come vivere senza ansia i nostri giorni.
Chiediamogli che ci faccia consapevoli del dono grande del Battesimo con il quale «siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione», come si espressero i Padri del Concilio di Firenze. (Cfr.  Decretum pro Armenis: DS 1314)
Ascoltiamo quanto ci dice san Gregorio Nazianzeno e gioiamo e rallegriamoci di questo dono: «II Battesimo è il più bello e magnifico dei doni di Dio. […] Lo chiamiamo dono, grazia, unzione, illuminazione, veste d’immortalità, lavacro di rigenerazione, sigillo, e tutto ciò che vi è di più prezioso. Dono, poiché è dato a coloro che non portano nulla; grazia, perché viene elargito anche ai colpevoli; Battesimo, perché il peccato viene seppellito nell’acqua; unzione, perché è sacro e regale (tali sono coloro che vengono unti); illuminazione, perché è luce sfolgorante; veste, perché copre la nostra vergogna; lavacro, perché ci lava; sigillo, perché ci custodisce ed è il segno della signoria di Dio» (Oratio 40, 3-4 cit. in Catechismo della Chiesa Cattolica (1216), Città del Vaticano 1992, p. 354).
Maria è stata concepita senza peccato originale. È la tutta santa, immagine e modello della Chiesa. A Lei la Chiesa guarda come esempio da imitare: «La Chiesa, raccogliendosi con pietà nel pensiero di Maria, che contempla alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra più profondamente nel supremo mistero dell’incarnazione e si va ognora più conformando col suo sposo. Maria infatti, la quale, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera le esigenze supreme della fede, quando è fatta oggetto della predicazione e della venerazione chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all’amore del Padre» (Lumen gentium, n. 65). 
Carissimi fratelli e sorelle, «il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito “vitae spiritualis ianua”»  (Catechismo Chiesa Cattolica (1213), Città del Vaticano 1992,  p. 353).

Riscopriamo questo dono grande, recuperiamolo abbandonando le terre dove continuamente ci disperdiamo; le terre del non senso, della paura, dell’angoscia e avvilimento.

Terre dove combattiamo inutilmente ciò che non potremo mai dominare e tanto meno vincere in noi, negli altri e nel mondo. Solo in Dio c’è la vittoria. Una vittoria particolarissima e inedita, ai potenti del mondo incomprensibile, la vittoria della croce a cui il Signore Gesù Cristo ha associato la Madre sua, Maria Santissima Immacolata.
«Chi può valutare la santità e la perfezione di lei, che fu scelta per essere la Madre di Cristo? Quali avrebbero dovuto essere i suoi doni, lei che fu scelta per essere l’unica familiare terrena del Figlio di Dio, l’unica che egli fu obbligato per natura a riverire e alla quale rivolgersi; l’unica incaricata di guidarlo ed educarlo, di istruirlo giorno dopo giorno, mentre cresceva in sapienza e grandezza?» (J- H. NEWMAN, Parochial and plain sermons, II, 131-2; cit. in AVVENIRE , 19.XI.2010).
Un caro e fraterno augurio di santità a tutti voi.

+ Carlo, vescovo