Epifania

Il messaggio del Vescovo Carlo

Fa’ ardere oggi le calde e silenziose candele,
che ci hai portato nella nostra oscurità;
riconducici, se è possibile, ancora insieme.
Noi lo sappiamo, la tua luce arde nella notte.

Quando il silenzio profondo scende intorno a noi,
facci udire quel suono pieno del mondo,
che invisibile s’estende intorno a noi,
l’alto canto di lode di tutti i tuoi figli

Delle potenze benigne, 1944

(Dietrich Bonhoeffer)

Un caro saluto a tutti voi e l’augurio che la celebrazione appena trascorsa della nascita di nostro Signore Gesù Cristo «nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5), sia per noi occasione di un nuovo nascere alla fede e alla speranza che Dio è con noi ed è per noi; occasione, dunque, di sperimentare quella forza creativa, quella energia inedita ed originale che la sua grazia ci dona: la vera libertà  nella verità e nella carità di Cristo, l’essere figli adottivi di Dio e fratelli in Cristo.

Abbiamo appena ascoltato il profeta Isaia: «Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te» (60,1).

È la luce della Pasqua, carissimi, che si riverbera illuminando il passato, l’attesa del Grande Sovrano, del Re d’Israele «apparso tra noi»: Parola fatta carne.

Se abbiamo contemplato nella iconografia del Santo Natale il Bambino Divino adagiato su una culla fatta a forma di croce, su un sarcofago per dire e annunciare la sua passione e morte in croce, perché non raccogliere dalle parole del profeta Isaia l’annuncio della vittoria della vita sulla morte e della luce sulle tenebre? Una vittoria che si riverbera su tutti i figli di Dio ora rivestiti di quella luce, la luce pasquale, la luce del Risorto che riveste la sua Chiesa e ogni battezzato.

La liturgia di questa solennità ci dice di tre manifestazioni che leggiamo nell’inno di vespro:

I Magi vanno a Betlem
e la stella li guida:
nella sua luce amica
cercan la vera luce.

Il Figlio dell’Altissimo
s’immerge nel Giordano,
l’Agnello senza macchia
lava le nostre colpe.

Nuovo prodigio, a Cana:
versan vino le anfore,
si arrossano le acque,
mutando la natura.

È l’annunzio nuovo, la carità nuova e la vita nuova che sgorga dal costato di Cristo annunziato da quel segno, quel primo segno a Cana di Galilea: «acque arrossate» come nella notte d’Egitto. È il Cristo fatto uomo, uomo tra gli uomini che si immerge nella nostra natura umana come nelle acque del Giordano.

Veramente, Eterno Padre, «oggi in Cristo luce del mondo tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza, e in lui apparso nella nostra carne mortale ci hai rinnovati con la gloria dell’immortalità divina» (Prefazio dell’ Epifania).

Gesù è nato sotto la legge per riscattare coloro che erano schiavi della legge. «Ha assunto la carne che porta in sé le conseguenze del peccato per trasformare la realtà del peccato in una logica di amore. Ed è nato da donna perché tutti i nati da donna potessero accogliere la sua prossimità e la sua solidarietà». Veramente «quello che potrebbe sembrare solo umiliazione, paradossalmente si apre a una dimensione positiva di libertà e di fraternità» (in La Civiltà Cattolica, Nato da donna, nato sotto la legge: il Natale secondo San Paolo, Vol. IV, 2021).

Il nascere di Lui nella nostra vita è la sorgente da cui attingiamo parole, gesti e scelte che sono frutto e seme della carità.

Un’epifania, una manifestazione di Lui nella nostra vita perché possiamo manifestarLo al mondo.

Perciò tanto più lo accoglieremo credendo e sperando che Lui è con noi e per noi, tanto più ci renderà pronti, consapevoli e dunque convinti dell’esigenza di accogliere l’altro accanto a noi. 

Mai come oggi il trasmigrare di uomini e donne da una parte all’altra della terra richiede accoglienza responsabile che presuppone maturità umana e perciò conoscenza di sé e dell’altro. Sensibilità verso le altrui povertà e fragilità, non avversione verso la forza e la ricchezza dell’altro.

«Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L’atteggiamento dell’uomo verso Dio Padre e quello dell’uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: “Chi non ama, non conosce Dio” (1 Gv 4,8)» (Nostra aetate n. 5).

Questo toglie una volta per sempre il fondamento a ogni teoria o prassi che introduca tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, discriminazioni in ciò che riguarda la dignità umana e i diritti che ne promanano.

«La missione essenziale della Chiesa, che continua quella di Cristo, è una missione evangelizzatrice e salvifica. Essa attinge il suo slancio dalla carità divina. Seguendo il suo Signore, “venuto nel mondo per salvare i peccatori” (1 Tm 1, 15), la Chiesa vuole la salvezza di tutti gli uomini. […] La Chiesa vuole il bene dell’uomo in tutte le sue dimensioni, prima come membro della città di Dio, e poi come membro della città terrestre» (Istruzione su “La libertà cristiana e la liberazione” n. 63).

Ma tutto questo è possibile solo se incontreremo il Signore. Ecco perché ogni programma, ogni proposta in ordine alla salvezza dell’uomo, al rinnovamento del mondo attraverso il soccorso che daremo alle diverse necessità dei poveri e degli ultimi, provvedendo alla loro cultura e promuovendo una liberazione integrale da tutto ciò che ostacola lo sviluppo delle persone dovrà essere il frutto, la fatica di chi si sente figlio del Padre che è nei cieli e fratello di ogni uomo.

«Nel salvarci, Gesù si fa nostro fratello e ci fa figli di Dio. Paolo usa un termine tecnico giuridico: “Perché noi ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,5b). La nuova realtà è dunque l’essere figli adottivi, familiari di Dio: essa fonda una relazione singolare, intima, del tutto personale con il Padre. Con un’ulteriore conseguenza: l’essere “figli” comporta il dono dello Spirito, lo Spirito di Gesù e del Padre. Il battesimo, cioè l’immersione nel Figlio, ripropone la relazione personale con Dio nel nostro cuore e ci permette di gridare: “Abbà, Padre” (Gal 6)» (in La Civiltà Cattolica, Nato da donna, nato sotto la legge: il Natale secondo San Paolo. Vol. IV, 2021).

Tutto questo potrà realizzarsi se collaboreremo gli uni con gli altri. Un collaborare che presuppone un’accoglienza vera, generosa e cordiale dell’altro. Come la stella guidò i magi a Cristo, così la grazia di Lui guidi il nostro cammino verso la realizzazione del suo regno. Scrive San Leone Magno: «Questa stella ci esorta particolarmente a imitare il servizio che essa prestò, nel senso che dobbiamo seguire, con tutte le nostre forze, la grazia che invita tutti al Cristo. In questo impegno, miei cari, dovete tutti aiutarvi l’un l’altro. Risplendete così come figli della luce nel regno di Dio, dove conducono la retta fede e le buone opere» (Disc. 3 per l’Epifania). 

Carissimi fratelli e sorelle, «molti hanno visto la stella, ma solo pochi ne hanno capito il messaggio. Gli studiosi della Scrittura del tempo di Gesù conoscevano perfettamente la parola di Dio. Erano in grado di dire senza alcuna difficoltà che cosa si poteva trovare in essa circa il luogo in cui il Messia sarebbe nato, ma, come dice sant’Agostino: “è successo loro come le pietre miliari (che indicano la strada): mentre hanno dato indicazioni ai viandanti in cammino, essi sono rimasti inerti e immobili” (Sermo 199In Epiphania Domini, 1,2).

[…]Vogliamo, allora, chiedere a Lui di darci un cuore saggio e innocente, che ci consenta di vedere la stella della sua misericordia, di incamminarci sulla sua strada, per trovarlo ed essere inondati dalla grande luce e dalla vera gioia che egli ha portato in questo mondo. Amen!» (BENEDETTO XVI, Omelia, Epifania 2010).

A tutti il mio cordiale augurio di un buon cammino: «Sostieni Tu i mie passi; di vedere non chiedo / l’orizzonte lontano; un passo per me è sufficiente»  (J. Henry Newman, Lead, Kindly Light  [Guidami, Tu, Luce gentile]).  Sia anche in noi così tanta fiducia. Il Signore ci conceda di essere veri credenti in Dio che non chiedono che si mostri loro  l’orizzonte più lontano, ma piuttosto d’essere condotti lentamente all’incontro con la verità per possederla e penetrarla progressivamente, «step by step» con un semplice passo alla volta.

+ Carlo, vescovo