Epifania

Il messaggio del nostro Vescovo Carlo

Fratelli e sorelle carissime,
l’inno dei vespri della solennità dell’Epifania proclama la manifestazione del Signore, appunto epifania, in tre avvenimenti della vita del Cristo/Messia: la visita dei magi a Betlemme,  il Battesimo del Signore e l’acqua che diventa vino a Cana di Galilea.
I Magi vanno a Betlem e la stella li guida: nella sua luce amica cercan la vera luce.
Il Figlio dell’Altissimo s’immerge nel Giordano, l’Agnello senza macchia lava le nostre colpe.
Nuovo prodigio, a Cana: versan vino le anfore, si arrossano le acque, mutando la natura.

Così pure l’antifona al Magnificat si esprime cosi: “Tre prodigi celebriamo in questo santo giorno: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia”.  Sono espressioni che richiamano chiaramente le epifanie del Signore Gesù
collegandole a diversi episodi narrati dai Vangeli.

Dio entra nella storia, il «Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé» (Dei Verbum, 2).

Un invito rivolto a ciascuno di noi e alla Chiesa perché accogliendo Lui divenga lei stessa Epifania. Mai come oggi abbiamo bisogno di ripeterci e di ripetere: «Il contenuto della Chiesa è Cristo. Conservando Lui, essa conserva sé stessa, perché senza di Lui è nulla. Intendendo (intendere significa comprendere, intuire, penetrare) Lui e il suo messaggio, essa intende sé stessa, perché il senso della sua esistenza è Lui. Trasmettendo agli altri Lui, essa stessa vive; perché, pur esplicando nel contesto della storia le più diverse attività culturali, il suo atto vitale autentico consiste sempre nel portare nella nostra esistenza la realtà di Cristo» (R. GUARDINI, La realtà della Chiesa, Brescia 2021, p. 1995).

L’Epifania dunque è la grande festa della fede a cui partecipa la Chiesa, che ogni anno diventa più consapevole sia della vastità della sua missione che di quel grande dono, il dono dell’Incarnazione.

Il Dio fatto carne fa sì che la Chiesa non può fermarsi mai, non può mai stancarsi nell’annunciare al mondo che quel Bambino che giace in una mangiatoia è il Figlio di Dio. Continuamente deve condurre l’uomo a Betlemme, alla casa del pane, in ogni tempo e in ogni luogo questa è la sua missione. L’Epifania è la festa della sfida di Dio. (Cfr. S. GIOVANNI PAOLO II, Omelia, 6.I.1979)
Conducendo l’uomo a Dio condurremo anche l’uomo all’uomo, non ci sono scorciatoie, solo l’incontro con Dio ci permette di sentire la responsabilità degli uni verso gli altri. Solo incontrando Lui e saziandoci di Lui saremo forti per accogliere l’altro nella verità e nella sincerità.
Al contrario, Erode è la degenerazione dell’uomo. È l’uomo che non vive, ma sopravvive. La paura, il sospetto e l’attaccamento alle ricchezze e al potere non lo fanno respirare ma affannare, una vita che ansima.
Di fronte all’annunzio di una novità meravigliosa Erode si rintana, si ripiega, si turba e dichiara guerra a degli innocenti.

Il potere e la ricchezza ci illudono di autosufficienza in maniera tale che l’invito ad aprirsi alla novità che ci fa ricchi, ci fa crescere, ci fa immortali diviene una minaccia e causa turbamento: «All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme» (Mt 2,3).

Bene canta la liturgia di questo giorno: «Perché temi Erode il Signore che viene, non toglie i regni umani chi dà il Regno dei cieli» (Inno dei primi vespri).
Carissimi, i predicatori delle Sinagoghe ricordavano dieci carestie di cui l’umanità ha sofferto: «La decima non sarà una carestia ordinaria. Gli uomini non avranno fame di pane né sete di acqua. Avranno fame della parola di Dio».
«Dacci oggi i nostro pane quotidiano», ripete la preghiera insegnata da Gesù ai suoi discepoli.
Nell’uomo, oltre alla fame fisica e corporea, è presente un’altra fame, il desiderio di un altro pane: «Dobbiamo essere affamati di Dio: dobbiamo mendicare pregando alla porta della sua presenza, ed egli darà il cibo agli affamati» (SANT’AGOSTINO, En. in Ps., 145, 16). (Cfr. F. MANNS, Betlemme, la casa del pane, in L’Osservatore Romano, 11.XII.2021).
Carissimi, sant’Agostino nel commentare questo salmo, dice: «Il titolo di questo salmo reca: A Salomone; ma le cose in esso cantate non possono adattarsi a quel Salomone re di Israele secondo la carne, se almeno vogliamo stare a quanto di lui dice la santa Scrittura. Si adattano invece meravigliosamente a Cristo Signore. […] Egli stesso è quel ” Pacifico ” che di due ha fatto uno, che ha abbattuto il muro di separazione, le inimicizie nella sua carne. […] Egli, venendo, ha annunziato la pace a coloro che erano lontani e a coloro che erano vicini» (SANT’AGOSTINO, Esposizione sul salmo 71, 1 [vv. 1] 1-2).
Dio sa se oggi abbiamo bisogno di tale Pacificatore.
Preghiamo e chiediamo al Signore quella sazietà che sola ci fa pacifici.
+ Carlo, Vescovo