Cammino Sinodale

L'assemblea dei referenti diocesani

Da La Traccia di Domenica 8 ottobre
Sono state due giornate particolarmente significative quelle che hanno scandito l’Assemblea dei Referenti diocesani del Cammino sinodale durante il fine settimana scorso. Il tutto è iniziato sabato 30 settembre con l’importante appuntamento della Veglia di preghiera ecumenica in Piazza San Pietro alla presenza del Santo Padre Francesco insieme ai leader e ai rappresentanti delle altre confessioni cristiane, accumunati tutti dal battesimo in Cristo. Il proposito di fondo della Veglia è stato quello di accompagnare con la preghiera i lavori dell’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che si è aperta, dopo tre giorni di ritiro spirituale per i partecipanti, il 4 ottobre.

Il Papa, durante l’allocuzione finale, si è fermato spesso sul tema del silenzio;

non solo è stato emozionante stare per più di otto minuti nel completo silenzio di una Piazza gremita anche da tantissimi giovani provenienti da ogni parte del mondo, ma poter dare a questo silenzio il senso di un dialogo intimo, confidenziale con Gesù Cristo.

Ognuno ha infatti pregato in cuor suo affidando al Signore le intenzioni più care e preziose e soprattutto quella dell’unità dei cristiani e della pace di cui il nostro pianeta ha tanto bisogno specialmente in questo periodo difficile della Storia.

Il giorno seguente, domenica 1 ottobre, dopo la Celebrazione della Santa Messa presieduta da S. E. Rev.ma Mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale e Vice presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), oltre che membro della Presidenza del Comitato nazionale del Cammino sinodale, sono state date importanti comunicazioni e istruzioni per iniziare questa nuova fase sapienziale del Cammino Sinodale. Alcune novità sono emerse anche a livello centrale e cioè la stesura di un Regolamento specifico per il Coordinamento del Cammino Sinodale che interessa l’Assemblea dei Referenti diocesani del Cammino sinodale, il Comitato Nazionale e la Presidenza del Comitato nazionale del Cammino Sinodale. Di questo Coordinamento già esisteva un organigramma, approvato dal Consiglio Episcopale Permanente della CEI nel marzo scorso ma adesso è stato preparato proprio un Regolamento perché aiuti a muoversi in maniera più concertata e ordinata tra i diversi organismi. Sono state infatti costituite, all’interno del Comitato Nazionale, delle Commissioni che avranno il compito di proporre, analizzare e valutare alcune sotto-tematiche, sulla base di quanto confluirà anche dalle Diocesi italiane, partendo dai cinque grandi temi presenti nelle Linee Guida per la fase sapienziale e organicamente istruiti poi negli Orientamenti metodologici per il discernimento della fase sapienziale nelle Diocesi.

Questi ultimi due documenti, il primo uscito il 18 luglio e il secondo il 14 settembre di quest’anno, devono essere in questo momento i punti di riferimento fondamentali per poter procedere, in comunione con la Chiesa, in questa delicata seconda fase. Resta sempre la domanda fondamentale di questo Cammino e cioè: “come vivo il mio essere Chiesa?” ma a questa si aggiunge il prezioso lavoro del “discernimento”.
I membri della Presidenza, durante la parte introduttiva ai lavori dei tavoli sinodali, si sono raccomandati, per questa fase che si apre, innanzitutto, di «non spacciare per nuove cose antiche» ma «di affidarsi ai Vescovi che hanno una visione più ampia del Cammino Sinodale rispetto non solo ai singoli gruppi ma anche rispetto ai referenti stessi». Un’esortazione questa di primaria importanza perché richiama quell’unità della Chiesa spesso minacciata dalle iniziative personali di singoli protagonisti e protagonismi, come accade purtroppo in molte realtà ecclesiali.

L’invito poi a non dare nulla per scontato ma continuare un ascolto attento che non inciti alla discussione e al dibattito.

Sua Eccellenza Mons. Raspanti, durante il suo intervento di carattere spirituale e pastorale, ha proprio affermato che, in questa pratica della conversazione spirituale, che dovrebbe avere come obiettivo il discernimento, «si suggeriscono tre passaggi. 1. la presa di parola da parte di ciascuno 2. nuovamente ciascuno prende la parola: non per reagire e controbattere a quanto ascoltato, riaffermando la propria posizione, ma per esprimere che cosa durante l’ascolto lo ha toccato più profondamente e da che cosa si sente interpellato con più forza. Le tracce, che l’ascolto delle sorelle e dei fratelli produce nell’interiorità di ciascuno, sono il linguaggio con cui lo Spirito Santo fa risuonare la propria voce 3. sempre in clima di preghiera e sotto la guida dello Spirito Sano, individuare i punti chiave emersi e cercare di costruire un consenso sui frutti del lavoro comune, che ciascuno ritenga fedele allo svolgimento del processo e in cui possa quindi sentirsi rappresentato». Questa procedura in tre fasi è già contenuta nell’Instrumentum Laboris per la prima sessione dell’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Per San Tommaso d’Aquino il discernimento è un dono dello Spirito Santo. In particolare, è quella capacità, che rientra nel campo della prudenza, di «orientamento tra il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il rigore e la misericordia, l’opportuno e l’inopportuno».

Come lavorare allora in Diocesi per questa fase sapienziale che si apre adesso e si concluderà nel 2024? Come prima cosa il Vescovo diocesano dovrà, insieme al Consiglio Pastorale Diocesano, fare un lavoro di discernimento sui cinque grandi temi proposti dagli Orientamenti metodologici per il discernimento della fase sapienziale nelle Diocesi. Fare discernimento significa scegliere il tema o i temi più adeguati e di reale interesse per la Diocesi; approfondire poi in un secondo momento il tema scelto negli organismi di partecipazione e nei gruppi sinodali avvalendosi dell’aiuto di veri esperti; verificare da parte del Consiglio Pastorale Diocesano quali proposte debbano andare avanti e maturare. Infine, è il Vescovo diocesano che legittima le proposte secondo il suo giudizio autorevole.

Sempre Mons. Raspanti ha ribadito che «come la comunione ecclesiale, che attinge a quella trinitaria, non è riducibile alla democrazia quale forma politica di organizzazione dei popoli, così il discernimento non è praticabile con la semplice applicazione dei criteri della rappresentatività e delle maggioranze. Per questo nella storia della Chiesa il principio della maggioranza numerica o “pars maior” è stato spesso corretto con quello della qualità o “pars sanior”, non facilmente valutabile, però, se non da un’autorità sovraordinata. Quanto alla partecipazione e alla corresponsabilità, già nel secolo XII era lentamente introdotto il principio secondo cui una decisione debba essere condivisa con coloro sui quali ricadono gli effetti della decisione stessa. Non è nuova, pertanto, la partecipazione di laici, religiosi e presbiteri al processo decisionale della Chiesa».

Non è possibile un vero discernimento senza un vero ascolto perché è proprio dell’ascolto riportare ciascuno di noi ad un’umiltà e a un silenzio che ci libera dai pregiudizi sull’altro e lo guarda invece con quel coraggio e quella fiducia che solo da Cristo e dalla Fede in Lui provengono.

I prossimi saranno dei mesi senza dubbio intensi ma sicuramente appassionanti, da vivere con entusiasmo e spirito di conversione per poter convergere spiritualmente ad una vera unità.

Giovanni Malpelo
Referente diocesano del Cammino sinodale delle Chiese in Italia