Si è conclusa a Roma, il 3 maggio scorso, la XV Assemblea Nazionale dell’ Azione Cattolica Italiana. “Persone Nuove in Cristo Gesù – corresponsabili della gioia di vivere”, il titolo scelto, che indicava anche le tematiche affrontate. L’assemblea nazionale, appuntamento che conclude ogni triennio associativo, ha prodotto il rinnovo del Consiglio Nazionale, l’esercizio democratico che ha portato almeno 3 delegati da ogni diocesi italiana per esprimere un voto e comporre un documento programmatico al fine di guidare l’associazione per i successivi tre anni di cammino. L’evento ha coinvolto 800 delegati, 200 uditori e 80 rappresentanti delle associazioni di AC estere. Questa assemblea nazionale, iniziata presso la Domus Pacis, dalla sera del 30 aprile, non è stato solo un momento per “rinnovare la struttura”, ma è stata una occasione per riflettere, pregare ed ascoltare la volontà della Chiesa italiana e del Santo Padre sul futuro dell’Azione Cattolica, realtà viva e operante in moltissime parrocchie del territorio nazionale. Dalla diocesi di Massa Marittima – Piombino hanno partecipato Marco Piva, vicepresidente diocesano del Settore Giovani, Anna Lupi, consigliera diocesana degli adulti, e Sergio Serena, presidente diocesano. L’Assemblea scandita dai momenti di preghiera comune e dalla quotidiana celebrazione Eucaristica, ha posto al centro delle riflessioni il le meditazioni del Vangelo del giorno declinate poi dalla loro attualizzazione letta alla luce della realtà contemporanea. L’esegesi della Parola, guidata magistralmente dai Vescovi intervenuti, è divenuta un faro nell’analisi della quotidianità in cui i laici cristiani si trovano immersi, quasi a compiere quell’esortazione conciliare resa popolare dall’ormai Santo papa Giovanni XXIII, del leggere i “segni dei tempi”. Durante le giornate di lavoro ampio spazio hanno trovato i delegati intervenuti, i membri del FIAC (Forum Internazionale dell’Azione Cattolica), e, momento centrale del lavoro, il presidente nazionale Franco Miano con la sua relazione finale, lucida e analisi sull’associazione, la Chiesa italiana ed il futuro del Paese. Al termine di un’esperienza come quella vissuta, chi scrive, vorrebbe far rivivere ogni singolo momento ai lettori, ma, non essendo certo possibile, cercherà di condividere alcuni messaggi rivelatisi centrali. La sera del 30 maggio il nuovo assistente Generale, Mons. Mansueto Bianchi, proveniente dalla Diocesi di Pistoia, durante la veglia di preghiere, meditando il brano di Matteo appena letto, ci ha svelato che “al centro del Vangelo, il cuore rosso del Vangelo è la parola misericordia. Perché? Che cos’è la misericordia? La misericordia è l’amore che si volge a chi è lontano. La misericordia è l’amore che percorre tutto lo spazio umano, sino ad abbracciare la geografia del «no», la geografia dell’indifferenza e del rifiuto. La misericordia è amare non secondo il merito di una persona, ma secondo il bisogno di una persona.”Ci ha esortato quindi ad improntare alla misericordia le nostre relazioni in primo luogo, ma anche il nostro modo di intendere la città, le relazioni nella vita sociale. Diventa allora fondamentale rileggere la crisi attuale per cercare, alla luce di un Dio che è Misericordia, nuovi percorsi da attuare per ampliare gli orizzonti. Ci preoccupa “chi dice che la porta di uscita è la stessa della porta di entrata. […]La porta di ingresso della crisi si chiama individualismo. L’individualismo dei soggetti, l’individualismo delle corporazione, l’individualismo dei segmenti di società. Guardo con preoccupazione a chi coniuga soltanto i verbi del ritorno. Ritornare a consumare, ritornare a produrre, ritornare a spendere, come se la strada verso il futuro fosse la strada del ritorno al passato.” Non è certo un futuro confortante quello in cui, ancora una volta, dopo che il mercato ha prodotto la sua “macelleria sociale” il volontariato e la Chiesa “subentrano a fare le crocerossine del massacro che è stato compiuto, subentrano a curare i feriti e a seppellire i morti. Perché questo è fare il gioco dei massacratori.[…] Penso ad una economia che non mira al benessere di qualcuno, che non mira alla ricchezza dei pochi in un mare crescente di precari e di poveri”. E questo ci riporta al tema dell’assemblea, si può immaginare un futuro, ed un presente, diversi perché “«Chi è in Cristo è una creatura nuova» (2Cor 5,17)”. In questo, così emerge dalla relazione del prof. Franco Miano, si spiega anche il senso del sottotitolo dall’assemblea “corresponsabili della gioia di vivere”. “Come Ac è l’ora di mettere a disposizione la corresponsabilità. Non collaboratori del clero, ma persone corresponsabili dell’essere e dell’agire della Chiesa. Una collaborazione spirituale, non spesa solo per i servizi. È uno stile diverso quello di cui siamo capaci. Austero, ma non per questo nascosto agli occhi del mondo. Che si esplica attraverso tempi, mezzi e luoghi semplici. Esige però e presuppone una responsabilità che ognuno di noi assume in prima persona. «Come il Concilio Vaticano II ci ha insegnato è una responsabilità che è una relazione alla quale si è chiamati, risposta all’appello che viene del Signore ma anche dalle provocazioni della vita quotidiana e della storia. Il tempo in cui siamo immersi».[…] Questa corresponsabilità esige e presuppone la responsabilità che ciascuno assume in prima persona, in un coinvolgimento totale e diretto, una responsabilità che, pertanto, è primariamente personale”. La corresponsabilità scelta dall’Azione Cattolica è quella vissuta nella Chiesa Locale, la diocesi, e attuata nell’impegno al servizio delle parrocchie, ma sempre con uno sguardo a ciò che sta fuori: e fuori, nel mondo di oggi, non possiamo distogliere lo sguardo dalla vita dell’uomo, la vita di ogni persona che cammina al nostro fianco e che sovente facciamo finta di no vedere: «Per essere evangelizzatori autentici – ricorda papa Francesco – occorre sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo» (EG 268). In relazione a tutto questo la dimensione associativa, la scelta di essere associazione, non costituisce un’esperienza meramente funzionale. Si sceglie di aderire, perché, liberamente e responsabilmente, si risponde positivamente a una proposta che presenta tante dimensioni significative e fondanti, prima fra tutte quella dell’essere insieme e del camminare insieme, come famiglia e come popolo. È la scelta dell’unitarietà.[…] La formazione, una formazione integrale, è sicuramente al cuore della proposta associativa. E va sottolineato che questa formazione, come del resto l’intera proposta dell’Ac, è sotto il segno della gratuità.[…] L’Azione Cattolica ha a cuore la vita politica e il bene comune. Lo testimonia l’impegno di Dialoghi, dei movimenti, degli Istituti, ma soprattutto l’intera vita associativa. È un impegno che sta crescendo, come mostra, del resto, il sempre maggior numero di persone di provenienza associativa che scelgono di scendere in campo in modo diretto a livello sociale e politico. E’ stato inoltre di conforto e molto emozionante fare esperienza di una AC, e di una Chiesa, di largo respiro: la dimensione internazionale. Presidente dell’Assemblea, Emilio Inzaurraga, argentino come papa Francesco, ci ha fatto partecipi di questo forza profetica che viene dall’america latina. Emilio ci ha consegnato alcune parole che hanno lasciato il segno; la proposta è quella di tre attenzioni peculiari: la famiglia, la parrocchia e la città, che sempre devono essere il cuore nell’azione pastorale e nel servizio dell’AC. “La famiglia è chiesa domestica, bene sociale che attraversa una crisi profonda, nella quale si rileva la fragilità dei legami feriti “da ciò che è esteriore, immediato, visibile, veloce, superficiale, provvisorio. Il reale cede il posto all’apparenza” (EG 62). E’ ferita anche dall’economia che emargina ed esclude, da nuove forme di schiavitù che conducono la famiglia nell’illegalità della immigrazione più crudele, alla tratta di persone, al lavoro precario, al vuoto che porta alcuni suoi membri alla dipendenza o alla violenza.[…] Dobbiamo approfondire e amare la nostra vita parrocchiale, potenziarla, perché con la nostra corresponsabilità laicale, con la nostra disponibilità al servizio nella Chiesa particolare, con il parroco e con tutti gli agenti pastorali, possiamo renderla vicina, accogliente, itinerante, callejera cioè sulla strada, pellegrina, mediatrice, aperta e a volte accidentata il che è molto diverso da quelli che volte si costata nelle nostre comunità quando sembrano una chiesa lontana, tranquilla, chiusa, piena di timore, autorefenziale, pronta a controllare e a regolare la fede …in definitiva malata. […] Per trasformare la realtà della città lavoriamo a lungo termine, però senza l’ossessione per i risultati immediati (il tempo è superiore allo spazio), non ignoriamo i conflitti e risolviamoli su un piano superiore per convertirli in anelli per nuovi processi (la unità prevale sul conflitto), accettiamo che la realtà sia superiore all’idea e facciamo passi concreti per realizzare l’ideale e allarghiamo le nostre vedute per riconoscere il bene maggiore che arrecherà il bene a tutti […]. Abbiamo bisogno e il popolo di Dio ha bisogno di una “AC en salida”. Una AC en salida disposta ad arrivare a tutti, in tutti i luoghi e in tutte le occasioni Una AC en salida che si forma nella e per la missione perché in essa realizza la propria vocazione battesimale. Una AC en salida con profondità interiore che vive e offre opportunità per crescer nell’incontro personale e comunitario con Gesù, ascoltando la sua Parola, celebrandolo nei sacramento e così identificandoci e configurandoci con Lui Una AC en salida che prega e perché prega, non ha paura di convertirsi perché sperimenta che lì sta il principio vitale della sua crescita come cristiani Una AC en salida che ha incontrato il suo tesoro e che vuole condividerlo con gli altri, per questo evangelizza come comunità di discepoli missionari, con passione e senza fatica Una AC en salida è la AC di papa Francesco che ci rivela oggi la compassione e la misericordia che deve risplendere sul volto della Chiesa e in tutti i suoi gesti Una AC en salida è la AC di Gesù Cristo evangelizzatore, itinerante e pellegrino, missionario del Padre e amico di tutti gli uomini.” Il momento culminante della XV assemblea nazionale è sicuramente stato l’incontro con Papa Francesco: l’udienza concessa a tutta l’associazione presso l’aula Paolo VI in Vaticano. Per l’occasione i presidenti parrocchiali ed i parroci assistenti si sono uniti ai delegati ed uditori, fino a riempire tutti i 12.000 posti dell’aula. Per la nostra diocesi sono intervenuti don Gianni Mariani, parroco di S.Giuseppe a Carpani, Marcella Corsi, in rappresentanza del presidente parrocchiale della medesima parrocchia e Luigi Ferrini, presidente parrocchiale a Castagneto Carducci. Il Santo Padre, in tutta la sua incisiva semplicità, ci ha consegnato tre verbi cardine su cui basare il cammino del prossimo futuro: rimanere, andare e gioire. Rimanere: rimanere, non fermi o chiusi, ma radicati in Cristo e godere della Sua presenza. Andare: su questo punto il Papa ci ha esortati a non rimanere fermi, ma andare, uscire per annunciare nella città che Dio è Padre. L’uomo dobbiamo incontrarlo facendo correre la Parola di Dio fino ai confini, impegnandosi a cercare l’uomo dove egli si trova. Dove soffre, dove spera, dome ama e dove sono i desideri del suo cuore: è lì che Gesù ci aspetta. Gioire: esultare in Cristo cantando la fede, come disse Sant’Agostino. La fede si racconta con la gioia, per questo dobbiamo riconoscere i nostri limiti ed i nostri talenti e vedere nei giorni, anche i più bui, la ppresenza del Signore. La gioia deriva da camminare come popolo e comunità, dobbiamo quindi fuggire la quiete, l’intimismo e la serietà formale. E’ un invito a riscoprire la spinta missionaria nell’apostolato laicale: nelle parrocchie stanche e chiuse “sono tante” – ha affermato il Pontefice – in cui si deve aprirsi per raggiungere chi si sente lontano. Si deve fare lo sforzo di andare fuori….o almeno aprire le porte perché, se noi non siamo capaci, almeno Lui possa farsi incontro agli uomini di oggi. La stretta corresponsabilità con i pastori della Chiesa l’AC deve riscoprirsi “popolare”. A noi, responsabili delle associazioni territoriali di AC a vari livelli, e ai nostri pastori, deve rimanere forte nel cuore, questo invito a uscire e farsi prossimi: “è finito il tempo delle analisi” (F. Miano). Né la Chiesa, né l’Azione Cattolica, possono più permettersi di adagiarsi sulle posizioni di comodo e di abitudine acquisite negli anni, è questo “il tempo favorevole” in cui prendere di nuovo il largo: scrolliamoci di dosso la pigrizia di un laicato clericale e deresponsabilizzato e di un clero che talvolta vede come unica “periferia” i confini della propria parrocchia. Solo così potremo davvero, già da adesso, costruire un’AC “en salida”, una Chiesa veramente “en salida”.
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