Omelia per la Notte di Pasqua di Mons. Vescovo

Carissimi,
 
la Chiesa veglia in questa notte! Sappiamo che è tradizione cristiana indugiare in preghiera durante la notte, ma in questa notte è tutta la Chiesa, ogni battezzato a vegliare.
Perché?
Ci dice il santo vescovo di Ippona, Agostino:
“Siccome il Signore nostro Gesù Cristo ha reso glorioso con la sua risurrezione il giorno che aveva reso luttuoso con la morte, noi, rievocando i due momenti in un’unica commemorazione solenne, vegliamo ricordando la sua morte, esultiamo aspettando la sua risurrezione. Questa è la nostra festa annuale, questa è la nostra Pasqua, non più figurata nell’uccisione dell’agnello, come per il popolo antico, ma portata a compimento per il popolo nuovo nell’immolazione del Salvatore, perché Cristo nostra Pasqua, è stato immolato” (Disc. 221).
Ecco il motivo del nostro vegliare, ecco il perché di tanta e indicibile gioia: la fatica e le sofferenze della vita, la sconfitta, quasi la disfatta umiliante di ogni uomo a causa del peccato e della morte che avrebbero reso luttuosi i nostri giorni sulla terra divengono vittoriosi, la croce e la risurrezione di Cristo illuminano la nostra esperienza “luttuosa” che si tramuta in fatica e sofferenza per la vita e per la gioia.
Questa stessa luce di Cristo, al tempo stesso, smaschera le false gioie e le infide sicurezze di cui siamo ghiotti noi uomini e che – nonostante le delusioni che ci procurano e il loro gusto amaro e stantio che sempre ci costringono ad assaporare – continuiamo ad agognare e rincorrere senza posa.
È questo il motivo di tanta gioia: uscire dal nostro sentire ed entrare nel sentire di Dio, abbandonare le nostre vie e ritornare sulle vie di Dio. È questa la vita nuova in Cristo: seguire Lui, stare con Lui.
Scrive Romano, il Melode, un poeta e diacono della Chiesa d’Oriente del VI secolo: “Canta, creatura terrena, celebra colui che ha sofferto, che è morto per te, e quando fra non molto lo contemplerai vivente, accoglilo nel tuo cuore. Perché Cristo deve rialzarsi dalla tomba e rinnovarti, o uomo. Preparagli dunque un’anima pura, perché facendosela sua dimora, il tuo re la renda un cielo. Ancora pochissimo ed egli verrà a colmare di gioia gli afflitti, perché Adamo ritrovi la gloria”.
Noi figli di Adamo, nel battesimo fatti figli di Dio, in Cristo ritroviamo la gloria. Riscopriamo in questa notte il nostro essere figli di Dio, il dono immenso del battesimo. Le letture che hanno preceduto il canto dell’alleluia costituivano l’ultimo insegnamento ai catecumeni prima del Battesimo e a tutti noi, che ci prepariamo a rinnovare le promesse battesimali, ricordano i fatti salienti della storia della salvezza e il dono della nuova vita dei figli di Dio.
Qual è la vita dei figli di Dio? Riascoltiamo la preghiera di colletta: ”Dio, che illumini questa santissima notte con la gloria della risurrezione del Signore, ravviva nella tua famiglia lo spirito di adozione, perché tutti i tuoi figli, rinnovati nel corpo e nell’anima, siano sempre fedeli al tuo servizio”.
Ma in che cosa consiste il servizio di Dio?
Ce lo indica e lo fa comprendere la preghiera dopo la comunione: “Infondi in noi, o Padre, lo Spirito della tua carità, perché nutriti con i sacramenti pasquali viviamo concordi nel vincolo del tuo amore”. Solo la nostra filiale obbedienza a Dio nell’ascolto della sua Parola, nel nostro essere attenti ai suoi insegnamenti e nella fedele celebrazione dei Sacramenti – che ci nutrono e ci danno luce e forza per vivere nel vincolo del suo amore – ci farà capaci di amarci gli uni gli altri. É questo il compito, il servizio che Dio Padre vuole da noi a imitazione del Figlio suo “vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo e che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita”(Prefazio di Pasqua I).
Noi poveri e peccatori siamo sbigottiti e sgomenti a questo invito al servizio a cui Dio chiama ogni battezzato. Come fare? Da che parte cominciare? Da dove ripartire? Dobbiamo ripartire da Gesù Cristo, andare a Lui, rimettere Lui al centro della Chiesa, delle parrocchie, delle comunità religiose, delle famiglie, della nostra vita, farsi mendicanti in questa notte santissima della grazia che scaturisce dal mistero di morte e risurrezione che celebriamo.
Questo mistero che ora celebriamo ci è dato di viverlo nella vita di ogni giorno, quando sperimentiamo una presenza che ci educa e ci plasma a ricevere e a dare amore. Quale verità e carità, allora, ci è dato di raccogliere dalla celebrazione dei riti santissimi della nostra fede, specialmente in questa santissima notte di Pasqua.
Isacco di Ninive (il Siro) ci racconta in modo ammirabile questo operare – quasi una ricreazione – di Dio nella nostra vita con queste espressioni: “Attraverso le sofferenze e l’afflizione, Dio ha fatto crescere la memoria di sé nel tuo animo. Mediante il timore dell’avversità ti ha offerto il modo per rimanere ben desto alla porta della sua misericordia. Per liberarti poi da essa ti ha seminato in cuore l’amore per lui. Facendo scendere l’amore si è accostato a te e ti ha onorato con la grazia dell’adozione, offrendoti la strabiliante ricchezza della sua propria vita” (Disc.84).
Carissimi, dobbiamo dire al mondo il nostro essere figli di Dio, soprattutto testimoniarlo nel servire ogni uomo come il Signore ci ha insegnato e con la grazia che ci dona in questi Sacramenti pasquali. Solo rimettendo Dio al centro rimetteremo l’uomo al centro, l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, e che ai nostri giorni si cerca di illuminare con luci artificiali che vorrebbero, paradosso dei paradossi, offuscarne il luminoso mistero e la sacrosanta dignità. La pace e la giustizia tra gli uomini non possono realizzarsi pienamente se non nella fatica della carità che noi cristiani dobbiamo vivere attraverso il nostro servizio umile e spesso disprezzato perché è un servizio di verità nella carità come fu quello di Cristo, e come quello di Cristo avrà tribolazioni e persecuzioni, ma stiamo certi è questa la vittoria, Lui ce l’ha detto: “Non abbiate paura. Io ho vinto il mondo!” (Gv. 16,33).
Perché temere? Il cristiano ama e opera sapendo che Dio è con lui. Padre Raniero Cantalamessa in una intervista osservava: “L’ottimismo del cristiano non è velleita¬rismo e frutto solo di temperamento posi¬tivo. ‘Perché avete paura, uomini di poca fede?’. Queste parole rivolte da Gesù ai discepoli spaventati dalla tempesta risuo¬nano sempre attuali e vere. Lui è risorto ed è ancora nella barca di Pietro. Plutar¬co racconta che attraversando l’Adriatico durante una tempesta, al nocchiero che era spaventato, Cesare disse: ‘Non teme-re: tu porti Cesare e la sua fortuna’. Che dovrebbe dire un cristiano e un pastore che sa di portare il Signore risorto sulla propria barca?”.
Veramente possiamo concludere con le parole di una preghiera a Gesù di Isacco il Siro: “O Signore Gesù Cristo, nostro Dio […] con la Tua Passione guarisci le mie passioni. Con le Tue ferite, guarisci le mie ferite. […] La mia mente è stata offuscata da preoccupazioni mondane. […] Dammi dunque, o Buono, la Tua grazia! Il Padre Tuo, dal quale sei nato prima di tutti i secoli, rinnovi in me la Tua immagine. […] Numerami tra le pecore del Tuo gregge eletto. Nutrimi insieme con loro all’erba dei Tuoi divini Sacramenti. Il Tuo Splendore è la consolazione ed il riposo di quanti hanno faticato per Te in tentazioni e nelle sofferenze. Di questo Splendore rendi degno, me indegno, con la grazia e l’amore per gli uomini del nostro Salvatore Gesù Cristo, nei secoli dei secoli. Amen!(Sant’Isacco il Siro, Preghiera al Signore Gesù Cristo).
A tutti il mio augurio di una Santa Pasqua.
+ Carlo, vescovo
 
 
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Nella foto: Particolare del Cero Pasquale per la Cattedrale di Massa Marittima, a cura di Sr Gisella sm